Netflix da Oscar (tv)

Negli ultimi due giorni sono arrivate un paio di notizie che dal mio punto di vista hanno mandato in fibrillazione l’industria televisiva mondiale. Prima news: agli Emmy Awards, gli Oscar della televisione americana, nove nomination vanno a House of Card, thriller nato e distribuito esclusivamente sulla piattaforma di streaming video Netflix. Di queste, tre sono nelle categorie principali: miglior serie drammatica, miglior attore drammatico e miglior attrice drammatica per i due protagonisti che sono Kevin Spacey e Robin Wright. Seconda news: il colosso DreamWorks si è appena accordato proprio con questa piattaforma a cui fornirà in esclusiva titoli originali già messi in produzione. Dunque, un prodotto tv nativo del web fa bottino di pregiate candidature agli Emmy al pari di big network tv come NBC, ABC e compagnia bella; a ciò si aggiunge che la major cinematografica di Steven Spielberg dice “no grazie” alle pay tv via cavo degli States e punta sul principale aggregatore di contenuti via internet a cui fornirà 300 ore di programmazione originale. Per il New York Times quest’ultima mossa è “il più grande impegno mai visto prima d’ora nel portare prodotti hollywoodiani sul web” (leggi l’articolo originale).

House of Card
Ma cosa sta succedendo? Il web sta diventando prezioso anello della catena di produzione e distribuzione della più grossa macchina di soldi degli States? La risposta è affermativa.
Qualche numero ci potrebbe aiutare a meglio comprendere quale direzione sta prendendo il business in questione. Netflix offre a circa 8 dollari al mese un abbonamento open per vedere in streaming oltre 50mila titoli tra pellicole vecchie e nuove, serie tv anche di recente uscita e dal 2011 pure il servizio Watch Instantly, show prodotti con i big di Hollywood ma disponibili solo per i suoi abbonati. Il primo di questi show è stato proprio House of Card, che ha debuttato nel febbraio del 2013. Soltanto negli Stati Uniti Netflix ha quasi 28 milioni di abbonati ed è presente anche in Canada, Sud America, Uk, Irlanda, Svezia, Danimarca, Norvegia e Finlandia. Netflix non è soltanto un portale internet, ma anche una app distribuita su milioni di device mobili e come widget su smart tv, game console e set-top-box abilitati alla connessione. Insomma, la piattaforma offre migliaia di contenuti tv sempre e ovunque. Nel quarto trimestre 2012, ha registrato un fatturato di 945 milioni di dollari contro gli 876 dell’anno precedente.

Tornando alle nomination degli Emmy, Ted Sarandos, responsabile dei contenuti di Netflix, le ha così commentate: “Tutto ciò conferma che la televisione è la televisione, qualunque sia il tubo che la porta sullo schermo”. A conti fatti, dunque, la televisione sta soltanto cambiando pelle e globalmente gode di ottima salute. Sono le vecchie modalità di distribuzione del mezzo che annaspano a tutto vantaggio dello streaming. Negli Usa, per esempio, i principali operatori di pay tv multichannel nel 2012 hanno avuto una perdita netta di circa 80 mila abbonati. Quest’ultimi sono i cosiddetti cord cutters, cioè vecchi clienti che hanno tagliato l’abbonamento alla pay tv per il più conveniente servizio streaming offerto da Netflix e dagli altri leader di mercato ovvero Hulu e Amazon. Poi ci sono i cord nevers, quel pubblico che mai ha attivato un abbonamento alla tv a pagamento. E’ il target più giovane, la generazione YouTube per intenderci, lontana anni luce dal tradizionale palinsesto tv lineare (appuntamenti in onda a una determinata ora). E poi ci sono i kids, che se guardano i cartoni animati lo fanno sull’iPad.
A proposito dei bambini, sempre il New York Times scrive infatti che DreamWorks sa bene che il pubblico dei suoi film d’animazione come Shrek e Madagascar non è davanti alla televisione via cavo, perché preferisce l’intrattenimento di tablet e videogame console dove, tra l’altro, proprio la tv sta diventando la vera killer application. Per Hollywood, dunque, vendere i diritti di distribuzione alle web media company come Netflix è un buon affare, visto che per guardare contenuti video sono le piattaforme streaming la destinazione preferita soprattutto dei più piccoli (i veri decisori d’acquisto secondo gli analisti di mercato).

Probabilmente mi potreste far notare che sinora ho scritto di un mercato troppo distante dalle dinamiche di casa nostra, perché da noi la più evoluta forma di distribuzione e fruizione di televisione che il pubblico conosce sono Sky e Mediaset Premium con i loro time-shift (lo stesso programma in onda un’ora dopo) e i video on demand anche via banda larga (servizi assai utili, ma per pochi milioni di telespettatori). Inoltre, un italiano su tre non usa internet. Ma se è vero che Netflix sta per approdare in Olanda e che tra qualche tempo potrebbe sbarcare anche in Italia, allora forse val bene un post per cominciare a misurare la portata del cambiamento che presto arriverà sui nostri schermi.